la Pastiera di Neapolis.

La primavera si stava avvicinando e nonostante la pioggia fredda degli ultimi giorni si sentiva nell'aria il cambiamento della terra, la natura si stava lentamente risvegliando mentre si scrollava di dosso il sonno letargico dell'inverno.
Si percepiva, sottile, un entusiasmo dei sensi, un palpitare di gioie sopite che man mano, tremolanti, si avviavano a nuova vita, ed era tutto un rifiorire di esistenza e di rinascita.
I colori erano più forti mentre disegnavano, con la loro fulgida magia, i campi coltivati, l'erba destinata alla pastorizia riluceva di brina delicata, leggera e umida questa donava un'immagine di freschezza e un profumo pungente che arrivava alle narici prepotente, dalle  stalle si udivano i "vagiti" dei vitellini che reclamavano le cure materne e gli alberi in fiore lanciavano profumi che inondavano l'aria con grazia delicata, quasi come un sospiro, quasi come un dono insperato.
Era questa l'immagine bucolica che traspariva dagli occhi di Fabiana, lei rispecchiava appieno lo spirito della rinascita della madre terra e sembrava reincarnare la stessa Cerere, la dea della fertilità, la sua bellezza era quasi blasfema e selvaggia, sembrava quasi volesse farsi beffe delle dee dell'olimpo che erano sempre pronte a scatenare liti e disagi agli umani, ma la fanciulla, ignara di essere fiorita come un pesco, non era consapevole di tutto il tumulto che avrebbe potuto scatenare, lei era pacata e timorosa nonostante l'asperita del suo aspetto. La pelle color del latte sembrava trasparente quasi che fosse stata scolpita nel marmo tanto erano perfette le sue fattezze, i capelli poi rilucevano di fiamme rubate al tramonto quando d'inverno il sole, recalcitante, si tuffa nella notte mentre manda gli ultimi  bagliori rossi, e gli occhi, malandrini e sfuggenti, recavano striature d'oro lucente tra il verde degli olii, frutti degli uliveti preziosi. 
Fu così che Fabiana fu scelta dagli anziani di Neapolis per capitanare la processione in onore di Partenope, lei non sapeva nulla di questa decisione così come nulla sapevano le donne della sua famiglia, lei insieme ad altre fanciulle della sua stessa età, tutte vergini  adolescenti e tutte al primo menarca (incarnavano la primavera della vita) avrebbero partecipato ad una sacra funzione. 
Solo i padri erano stati avvisati di questo grande onore, sette fanciulle con i requisiti richiesti sarebbero state scelte tra le genti che risiedevano nei decumani e nei punti cardine dei vicoli che si intersecano tra loro. 
Era notte fonda quando al portone di casa della famiglia di Decimus Marco furono battuti sette lunghi colpi, la casa tutta si svegliò di soprassalto, non era quella un'ora usuale per gli ospiti e gli schiavi, coperti con solo con lenzuola candide e scalzi si ritrovarono nell'atrio assonnati e spaventati, dubbiosi sul da farsi e addirittura armati di utensili di uso domestico, fu allora che Marco decimo uscì dall'ombra nella quale si era nascosto in attesa dell'ora concordata con i sacerdoti, con una torcia fiammeggiante  illuminò l'atrio e con un sorriso appena accennato fece luce sul trambusto della casa godendosi la scena, immenso fu il suo piacere nel vedere quanto gli fossero affezionati gli schiavi e quanto gli stessi tenessero alla sua casa. 
Con piglio sicuro ordinò alla  nutrice, ormai anziana, di svegliare sua moglie Domitilla e le sue figlie e di condurle nell'ingresso di casa, "Presto vecchia Penelope porta tutte le mie donne qui, lascia dormire mio figlio, lui stanotte deve restarne fuori, va presto obbedisci" L'anziana schiava, che ormai era la balia di un gruppo nutrito di giovani, corse spaventata verso le camere delle fanciulle per svegliarle dal sonno forte dei giovani, loro non erano state minimamente scosse dal trambusto della casa e dormivano come ghiri nei loro morbidi letti, "Presto presto fanciulle, vostro padre reclama la vostra presenza, ora avviso vostra madre, ma vi supplico fate presto" 
E così tutte le donne di casa arrivarono trafelate nel grande ingresso della domus e lì la luce di una moltitudine di fiaccole lo aveva inondato di luce tanto che sembrava pieno giorno. 
La matrona, che non si aspettava di vedere il sommo sacerdote e le altre sacerdotesse del tempio di cerere, mise il suo corpo a scudo per riparare le sue bambine da chissà quale sciagura, quasi che temesse che fossero immolate per qualche rito pagano, ma lo sguardo rassicurante di Marco, il suo amato sposo la rassicuro', "Fabiana vieni avanti" tuono allora Priscilla un'anziana sacerdotessa di Afrodite, "sei stata prescelta e noi ti rivestiremo per la processione".
La splendida adolescente fu ammantata di abiti semplici, come una novizia vestale, ornata solo al capo da una corona di fiori, portava in braccio un fascio di grano, spighe dorate che si poggiavano molli e dolenti come un sacrificio tra le sue braccia e sembravano voler cadere ad ogni passo grave che compiva la fanciulla, la sua bellezza era l'unico gioiello che riluceva tra le fiamme delle fiaccole.
Lei non sapeva quali gesti compiere e si sentiva gravata di un onore immenso aggravato dal buio della notte che nonostante le torce squarciavano immense, pesava sul suo incedere come pietra sepolcrale, ma la dolce Fabiana non sapeva che presto si sarebbe riunita con altre fanciulle, altre sei per l'esattezza, anche loro ignare della destinazione di quella notte, ragazze svegliate nel cuore dei sogni, trascinate nel buio che traspariva tra le luci di fiaccole e candele, portate via nel trambusto di case assalite da sacerdoti e sacerdotesse con lunghe vesti bianche e volti nascosti da maschere votive.
L'effetto di quella processione doveva essere inquietante vista da lontano, I decumani infiammati dalle torce erano come serpenti di fuoco e i vicoli cardini che si intersecavano con essi avevano la stessa luce e creavano un reticolato di sette lingue di fuoco.
Il rumore dei passi cadenzati dal rullo dei tamburi scuoteva i cuori e svegliava la città di Neapolis che si univa ai vari cortei partiti dalle case delle fanciulle, la processione man mano si ampliava in un crescendo di anime e genti inconsapevoli, le fanciulle, tenute al guinzaglio con una corda spessa e ruvida che pendeva loro dalla vita, erano pallide e spaventate ed erano alla testa dei sette cortei che da lì a poco si sarebbero incontrati, la via del mare si avvicinava e riempiva le narici dell'odore salmastro di reti di pescatori lasciate ad asciugare su ampi mucchi sparsi ai lati della strada quasi a voler indicare il cammino.
Finalmente i cortei si unirono e tutte le fanciulle si incontrarono, ognuna di loro portava tra le mani un dono, fu allora che, riunita la folla in cerchio, il sommo sacerdote annuncio' lo scopo di questa processione, la prima, era in onore di Partenope la sirena che allietava con il suo dolce canto il popolo di Neapolis, era per questo motivo che tutti i sacerdoti avevano deciso di offrire i frutti più prelibati che si potessero cogliere sulla loro terra, compresa la bellezza, ed era stato per questo motivo che le più belle fanciulle, che abitavano nei decumani e tra i vicolo cardine, erano state insignite dell'onore di offrire i dolci frutti della dea cerere alla sirena del golfo.
I doni che ognuna di loro portava erano preziosi , il grano in segno della forza della terra che sfama i popoli, la ricotta che rappresenta la pastorizia, le uova a simboleggiare la vita che si rinnova, la farina che è frutto del grano, i fiori d'arancio perché il loro profumo le fosse d'omaggio, le spezie preziose  a simboleggiare l'importanza del gesto e il miele che era dolce come il suo canto. 
La grande folla riunita in cerchio sull'ampio arenile si apri e le sette splendide offerenti si avvicinarono alla battigia per deporre tra le calme onde, ornate dalla spuma candida, i sette doni prescelti dai sacerdoti. 
Le ragazze, finita l'importante missione e ormai serene e sciolte dai lunghi guinzagli che le tenevano legate alla paura, si abbracciarono l'una all'altra e in cerchio cominciarono a danzare per la sirena tra la luce calma dell'alba e i tamburi, che fino ad allora avevano solo cadenzato i cuori con cupi suoni rituali, cominciarono a suonare gioiosi per accompagnare  i passi festosi delle bellissime dolci ballerine e la processione da tenebrosa che era si trasformò in festa e da allora divenne tradizione ogni primavera ripercorrere le gesta di questa prima edizione. 
Ma la storia non finisce qui... 
Partenope, onorata da questi doni affettuosi, volle far partecipe gli dei di questo onore che le era stato tributato e portò loro i sette ingredienti della terra che aveva ricevuto. 
E l'olimpo echeggio del sove canto di Partenope che incanto' talmente gli dei che essi commossi decisero di usare tutti i doni ricevuti dalla sirena per farle un dolce che fosse all'altezza del suo canto e fu così che nacque la nostra pastiera, dall'amore di un popolo generoso che sa donare e ricompensare chi ama. 

Commenti

Posta un commento

Post popolari in questo blog

la zuppa di cozze.

le nascite

un ricordo improvviso, una foto e tanta nostalgia.