una nuova avventura?

Oltre alla dignità si respirava una grande pace, forse il sobbollire sopito del sugo, forse la quotidianità dei gesti che si ripetevano assidui e costanti in una danza millenaria di vita, forse l' entusiasmo di una famiglia che aveva intrapreso un nuovo percorso senza pensarci troppo su, così come se fosse stata scontata quella via, come se la via del futuro prossimo e del futuro "remoto" si fossero incontrate per incrociare un cammino da delineare per le generazioni future.
Ma tutto questo era nascosto nelle ombre fosche del dila' da venire e neanche si affacciava alla mente di quella piccola donnina incinta che sarebbe diventata  "nonna Carmela", ,lei ripeteva la sua vita ignara giorno dopo giorno in quell'altalena di vita che è la vita stessa .il menù che veniva offerto era bucolico, semplice e saporito alla portata di tutti e il compenso richiesto rispettava i gli stessi canoni, non c'erano pretese né complicazioni che giravano attorno a quel cibo, era considerato come una necessità che veniva servita in piatti normali con la normalità di un fatto e rifatto che non implicava ricerche filosofiche o pindariche sul suo perché.
Ma dietro il semplice cibarsi c'è un mondo incredibile, è come se si aprisse una finestra su un paesaggio sconosciuto che ti porta, man mano, mentri lo percorri con lo sguardo incantato a vedere, più in là, un'altra finestra che nasconde un'altra meraviglia fino allo spalancarsi su tante realtà magnifiche che nemmeno riuscivi a percepire.
Trascorrevano così giorni di intensa semplicità che lenti e sempre nuovi portavano questa  famiglia in crescita verso il futuro.u
La prima sala creata con semplici piante rampicanti, le quali oltre a donare frescura davano intimità alla sacralità del pasto, sembrava un salone agli occhi di questi sposi che riuscivano a rinnovare il loro matrimonio ogni giorno, erano innamorati e l'entusiasmo era palese nei loro occhi e quando i loro sguardi di incrociavano si leggeva, eterna, la promessa fatta davanti a Dio.
Non servivano troppe parole, non servivano frasi immense, non erano necessarie discussioni o litigi, loro avevano nello sguardo un'infinità di risposte a domande lanciate con gli occhi, erano sereni.

Questo salone nato dalla magnificenza della natura serviva solo d'estate, era un dono creato da un architetto invisibile che seguiva uno schema naturale ripiegato dalla mano dell'uomo alle sue più semplici necessità, i tralci d'uva seguivano curve muliebri e opulentii mostrando, orgogliosi, grappoli profumati che ostentavano sfumature di tinta rubate al mare, al sole e all'amore.
Erano la promessa silenziosa di bevute in allegria, la certezza di una carezza al palato, lo scrocchiare repentino dei chicchi maturi tra i denti lasciava un nettare antico che raccontava di baccanali dionisiaci, ma l'apoteosi di questi riti, ripetuti costantemente nel tempo,  trovavano il loro culmine con l'altezzoso gemellaggio delle percoche con il vino.
Questo accostamento era una semplice scusa per allungare il piacere del bere anche dopo il pasto, infatti servite ai tavoli come completamento del pranzo servivano a sciacquare la bocca e il fresco sapore di questo frutto si inebriava del profumo di vino che, piano piano, penetrava tra la polpa corposa della pesca usata solo per questo scopo, la "percoca" appunto.
Tutto questo si rivelò tanto redditizio da dover decidere di incrementare l'attività e destinarla anche all'utilizzo invernale ed una sera, dopo una rara e lunga discussione, la giovane coppia decise di costruire una sala in muratura, c'è da dire che ci fu un grande consiglio di famiglia che  si protasse per giorni durante il quale si chiesero consigli e prestiti sulla parola, e così si siglarono patti intimi fatti di strette di mano e di abbracci affettuosi e l'avventura si trasformò in leggenda.
Si leggenda, perchè per il tempo che restò di vivere a "CICCIO di POZZANO" nacque una tradizione che ha coinvolto molte famiglie della città di Castellammare a cui faceva capo la piccola frazione di Pozzano.
Era il luogo dove si festeggiavano i giorni lieti, il posto dove santificare la domenica, il luogo dove godere del panorama e del cibo buono, cibo che mano a mano si era arricchito di nuove pietanze e leccornie, lì c'era la pace adatta per allietare le feste di fidanzamenti, i matrimoni e i suoi frutti con battesimi e conunioni, ci si sentiva a casa ma si era coccolati con una nuova professionalità che si era andata affinando con il tempo.
Complice di questo andirivieni di feste e banchetti era la basilica di Pozzano, una chiesa mariana vicinissima arroccata su di una collina e dedicata ad un quadro ritrovato in un pozzo antichissimo. Questo miracoloso ritrovamento aveva dato vita alla piccola comunità che viveva all'ombra di questo luogo benedetto e sotto la sua costante benedizione che si era sviluppato fino a creare un luogo di ricevimento per i fedeli, che copiosi, andavano per richiedere le intercessioni della bellissima Madonna che stringeva, materna, tra le sue braccia il bambin Gesù.
Mai luogo fu più bello per la famiglia Di Maio chef lì aveva approfittato di una potente protettrice, e lì la vita trascorreva molle e semplice tra le quotidiane occupazioni interrotte solo dalle preci che la fedelissima Carmela rispettava con proverbiale cadenza, il rosario infatti era un oggetto che sempre la accompagnava e che misteriosamente compariva nelle sue mani allorquando si presentava un problema familiare, quindi lei, con gli occhi velati dalle lacrime, si affidava fiduciosa all'intervento Mariano e pregava la bellissima Madonna di intercedere presso il suo unico Dio.
"Carme' ma asi' vist a  sti criature, stann tutt zuzzose, chiamm a Carulina che e vene a cagna' "
Carolina era la fedelissima cognata di Carmela, aveva sposato Zi'Peppe  suo fratello e benefattore occasiinale, lui infatti era uno dei parenti che aveva aiutato la coppia in cambio di una cospicua parte dell'edificio realizzato.
Vivevano in una grande casa, un'appartamento,  che si affacciava sontuosa sul golfo, la loro acquisizione era sicuramente un dono speciale, valeva sicuramente più di quanto loro avevano dato ma a quei tempi e in quel frangente "nonno Ciccio" aveva il cuore colmo di riconoscenza, "Peppi' sta ben fatto, nun te ne incarica' ". Così Francesco aveva messo fine alla discussione, la sua proverbiale generosità, che quasi rasentava la follia, era anche dettata dalla grande fortuna accumulata negli anni, era un uomo che non riusciva a negare aiuti forse perché anche lui era stato aiutato all'inizio della sua avventura di ristorazione, così aveva pensato bene di trasmettere, tra i suoi geni, la stessa  generosità al figlio Vincenzo, fu' un'eredità tramandata in linea maschile da figlio in figlio.
Ma mentre la famiglia cresceva avvolta dalle novità e dalle preoccupazioni che accompagnano ogni nuova avventura la vita di dipanava

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